LA CLAUSOLA DI DURATA MINIMA GARANTITA NEL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO
La clausola di durata minima garantita è un istituto di natura convenzionale – molto usato in ambito manageriale – che si pone come obiettivo di limitare, in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la possibilità delle parti di recedere per un periodo di tempo concordato in mancanza di una giusta causa.
Nella prassi le parti stabiliscono un “quantum” monetario a titolo di indennizzo che verrà versato a favore della parte non recedente.
Condizione necessaria al fine dell’apposizione della clausola è la presenza di un contratto a tempo indeterminato, e che il vincolo non acquisisca natura permanente.
Tale pattuizione può essere stipulata contestualmente alla firma del medesimo contratto di lavoro o in un momento successivo (c.d. “patto di stabilità”)
Nel corso delle numerose pronunce in materia, la Corte di Cassazione ha inoltre chiarito che l’apposizione della clausola di durata minima garantita può essere apportata:
- nell’interesse del dipendente, con finalità garantiste del posto di lavoro;
- nell’interesse del datore di lavoro, al fine di tutelare l’investimento (in ambito formativo, di know how, ecc..) limitando in questo modo la possibilità di dimissioni del lavoratore;
- a favore di entrambe le parti, garantendo in questo modo la stabilità del rapporto di lavoro.
Conclusioni:
la clausola di durata minima garantita, seppur istituto di natura convenzionale, ovvero non disciplinato da alcun articolo di Legge, è pienamente lecita e valida nel nostro ordinamento.
E’ opportuno, però, al fine di evitare possibili inconvenienti nel futuro, evidenziare come tale apposizione realizzi l’ equilibrato contemperamento nell’interesse reciproco delle parti alla stabilità del rapporto per un periodo predeterminato (ex multis Cass n.10043/1996).